sabato 8 settembre 2007

Commento

Ci hai lasciato per qualche giorno senza info sul tuo giornale e vedi che vespaio si è alzato. C'e' gente che pensa alla pulizia delle spiagge (sacrosante) e chi molto più politicamente osserva e riflette (e milita) sui battaglioni di Caracas. Ho letto attentamente il commento del sig. Folliero e mi farebbe piacere leggere un tuo commento sulla questione energetica. Secondo questo signore il socialismo del "GOBIERNO BOLIVARIANO" va giustificato dal fatto che il mondo sta per esaurire le scorte energetiche. Ne ho lette di scuse sull'operato del governi filo dittatoriali ma questa mi mancava..fermo restando che il problema energetico è di attualità.
Risposta
Tendo a non condividere le profezie nere. L’idea della catastrofe finale ci percorre da almeno cinquanta anni, il timore dell’atomica, poi l’incidente nucleare, ora la crisi energetica.
La fine arriverà sicuro, ma in tempi cosmici, ha più senso riflettere su se stessi: la fine è molto più vicina.
Vedere un futuro nero è parte della tradizione religiosa: il paradiso è perduto, il futuro sempre peggiore, ci sarà l’apocalisse finale. E’ anche parte della tradizione greca, per cui col tempo le cose peggiorano: c’è prima l’età dell’oro, poi dell'argento, quella del bronzo, l'età degli eroi e quella del ferro.
Sono figlio invece dell’illuminismo, a cui mi lega una “ottusa” (?) fede nel progresso, e in questo sono in buona compagnia: sia il comunismo che il pensiero liberale sono figlie dell'illuminismo, ribaltano il senso del tempo: credono che le cose andranno meglio. Se però dovesse rivelarsi vera la profezia di Attilio Folliero, credo che la drastica riduzione delle fonti energetiche non avverrà in maniera indolore: non credo esistano meccanismi giusti di regolazione internazionale nei momenti di crisi, vince il più forte.
A quel punto l’importante, per me europeo, è essere dalla parte del più forte. Lo dico perché spesso non ci rendiamo conto di cosa significa perdere una guerra: e io non voglio perderne nessuna.
Se la guerra fredda l’avessimo persa noi, ora mia sorella si prostituirebbe a Mosca, i miei professori di diritto farebbero gli operai a Varsavia, sulla costiera amalfitana scaricherebbero i rifiuti atomici di Kiev. Questo è il prezzo che hanno pagato i paesi dell’est dopo Berlino e Gorbaciov, quest’analisi però preferiamo non farla. Scusate il cinismo.
Il comunismo, quando sarà, sarà conseguenza di altri fattori, non della crisi energetica.

Commento di BRIAN DILLAN

Sono stato in Venezuela l'anno scorso ad agosto, più precisamente alla Isla Margarita e Los Roques e da quando sono tornato ogni giorno leggo il suo giornale. Nonostante non posso dire di avere visto il vero Venezuela perchè si sa, i posti turistici sono ben diversi dall'entroterra, ho notato che in questo paese vige il più totale non rispetto della natura. Le spiagge dei resort sono pulite perchè ogni giorno ci sono gli addetti alla pulizia ma nei tratti di spiaggia pubblica era praticamente impossibile camminare. Quest'anno sono stato a Cuba ed è la stessa identica cosa, forse peggio perchè a Varadero la maggior parte dei resort non le pulisce proprio e la mattina si trova di tutto: lattine, vetri, bottiglie, preservativi. In mare è facile trovare anche feci e pannolini. Ogni mattina c'è un addetto che "pulisce" giusto la parte più grande e la pulisce male, durante il giorno è persino difficile camminare. Per non parlare dei cubani: portano bottiglie e bicchieri in spiaggia e quando finiscono lasciano tutto dov'è come se niente fosse. Allora mi chiedo: in questi due paesi che vivono di turismo dove ci sono delle regole ferree e si ha persino paura di parlare di politica (Cuba) o dove la rivoluzione socialista procede a gonfie vele ma la delinquenza dilaga anche a scapito di noi italiani (Venezuela); è possibile che non si riescono a creare delle apposite leggi per fermare questo fenomeno? Secondo me al posto di fare continue e inutili propagande della rivoluzione bisognerebbe sfruttare i mezzi di comunicazione (e le scuole) in modo più opportuno facendo propaganda di Educazione Ambientale visto che non hanno la cultura del rispetto per l'ambiente, dagli anziani ai bambini.
briandallan@alice.it

Commento di Attilio Folliero sul battaglione socialista

Ero alla riunione del poliedro del 25 agosto (tra l'altro riservata solo a rappresentanti dei battaglioni di caracas e di altri 4 stati).

La stella rossa? E' la prima volta che sento parlare di questa stella rossa. Il battaglione che frequento io non ha nessuna stella.

Il primo compito: difendere le riforme della Costituzione (non discuterla), e ovviamente contribuire alla nascita del Partito Socialista Unito.

Difenderla e non discuterla?Guarda che stiamo discutendo articolo per articolo; si prende nota delle osservazioni e si consegnano al Parlamento che in ultima istanza potra tener conto o no.

Esempio riguardo il cambio del nome io ed il mio gruppo siamo favorevoli a cambiare il nome di caracas da "santiago de leon de Caracas" (il vero nome attuale di caracas) in "Caracas cuna del libertador y reina del ... "però abbiamo chiesto di eliminare il termine regina (non vogliamo nessun riferimento a re e regine).

Domani sabato alle ore 14 in Piazza Candelaria si riuniranno tutti i battaglioni del quartiere Candelaria (dove vivo io) per discutere due articoli (il 360 e 361); interverra il presidente del parlamento Cilia Flores. Non è come dici tu che il compito è difendere la riforma e non discuterla; anzi ...

Non è stato MVR a portare al potere Chavez, ma il polo patriottico (od un nome simile); MVR venne dopo quando si fece la riforma della costituzione; e come dice lo stesso nome era il movimento per la riforma della costituzione. Chavez vince le elezioni di dicembre 1998; quando arriva al governo costituisce il movimento V repubblica per cambiare la costituzione. Era chiaro che avrebbe puntato al socialismo o al comunismo; questo è il suo vero obiettivo. A che serviva MVR; al limite arebbe dovuto creare un movimento per la sesta repubblica.

Rispetto al passato, alle altre "rivoluzioni" la differenza sta proprio in Chávez che forte delle esperienze passate non ha fatto gli stessi errori. Esempio fondamentale: in altre epoche avrebbero abolito la proprieta privata dei mezzi di produzione, che è l'elemento fondamentale nella distinzione di uan societa socialista da una capitalista o capitalista di stato.

Secondo me chavez è un grande stratega comunista; anche quando negava di essere comunista (ancora nel 2003 lui negava di essere comunista, anzi fino al 2004), io ho sempre pensato che negarlo facesse parte della strategia ... Per me chavez è un marxista convinto ed anche se ultimamente ha dovuto dire quello che ha detto (il dogmatismo del marxismo, lui non è convinto di questo; ha dovuto dirlo; una sorta di marcia indietro perché si è reso conto di aver corso un po' troppo) fa parte della sua strategia;

Io penso che il mondo sta andando verso una grande crisi (speriamo sia reversibile) ... la crisi non arriverà quando finira il petrolio ma quando la produzione mondiale raggiungera il tetto e quindi inizia l'inversione; la nostra società tecnologica non ha nessuna altrenativa al petrolio (nucleare, eolica, biocombustibili, solare, idrogeno ...) non c'è nessuna alternativa al petrolio, neppure combianando tutte le forme possibili.

Quando fra poco (massimo 5 anni, forse ancora qualche mese in più, grazie alle ultime possibili scoperte di petrolio nel sud della çibia e zone limitrofi) e poi inizierà una grande immensa crisi mondiale. La crescente richiesta di petrolio da un lato e dall'allro l'offerta che inizierà a diminuire condurrà ad una enorme crisi; il problema sorgerà non quando il petrolio finisce ma quando si invertirà la curva offerta/domanda; quando la produzione tocca il tetto massimo e l'offerta inizierà ad essere inferiore alla domanda; e basterà che sia solamente di 5% 10% inferiore per creare la crisi, crisi mondiale.

O saremo tutti comunisti o sarà la fine del mondo. Caro Piero non c'e alternativa. Purtoppo siamo arrivati al punto (o siamo prossimi) in cui i tempi della storia coincideranno con i tempi della vita umana, ossia sono avvenimenti a cui assiterà l'attuale generazione. Siamo alla vigilia della piu grande crisi che ha mai vissuto l'umanità in tutta la sua storia. La nostra società si basa tutta sull'energia, il giorno che inizierà a diminuire l'offerta di energia (e questa volta è materialemnte diminuzione dell'offerta e non dovuta a crisi politiche o momentanee) non si avrà solo un innalzamento dei prezzi, ma qualcosa di ben più grave. Le societa saranno alla disperata ricerca di energia, per cui tutto sarà possibili. Riesci ad immaginare una societa statunitense per esempio senza energia? Una multinazionale che non è in grado di assicurare l'energia al funzionamento di un grattacielo? La crisi sarà a catena e rovinosa.

Chávez sa bene questo, cosi come sa bene altre due cose:
- non è possibile il socialismo in un solo paese;
- l'attuale produzione venezuelana che va in crisi per motivi futili (vedi scarsa produzione di carne e altri beni di prima necessita); ovviamente Chávez e il governo sapeva benissimo che la scarsità di carne (poi uova e pollo; la gente non trova carne quindi si riversa sul polo che ovviamente sparisce presto) non era dovuto al sabotaggio, all'accaparramento, che ci sarà pure stato, ma non era influente a determinare la crisi che abbiamo vissuto; il problema era la mancanza di produzione sufficiente. L'apparato produttivo venezuelano èdel tutto insufficiente; questo èil punto debole della rivoluzione venezuelana.

Allora se l'attuale produzione non è sufficiente, cosa sarebbe successo se avesse decretato l'abolizione della proprietà privata? Non una guerra civile perché i proprietari sarebbero stati espropriati delle proprietà ma un aggravarsi della crisi di produzione. Il grande merito del sistema capitalistico è stato quello di aver incrementato i mezzi di produzione; la rivoluzione russa fallisce perchè è in un paese dove il capitalismo non era ancora sviluppato; cosi sarebbe fallita la rivoluzioen venezuelana. Io sono di quei marxisti che asseriscono che il capitalismo non è ancora del tutto sviluppato; nel mondo ci sono ampie zone di sviluppo (dallo stesso Latinoamerica all'Africa all'Asia);

Oggi, 2007, non credo sia possibile una rivoluzione comunista; però una rivoluzione comunista sarà possibile e necessaria fra uno, massimo due o tre lustri. Capitalismo maturo o no, sara necessaria. Non si tratta di essere pessimisti, ma realisti. L'assioma è semplice: la società nostra necessita energia, fornita nelle quantità necessarie unicamente dal petrolio; il giorno che l'offerta di petrolio sara inferiore alla domanda (e realmente inferiore, non una inferiorità provocata per far risalire il prezzo o perche si ferma la produzione per qualche guerra o sciopero o altro) il mondo andrà in tilt e puoi ben immaginare cosa potranno fare le società per sopravvivere. A quel punto si dovra intervenire.


Caro Attilio, tre precisazioni:
1) Quello della stella rossa sui luoghi d'assemblea è scritto sul sito ufficiale del partito, qui2) E' vero che Chávez andò al potere con una coalizione , ma il Mvr era senza dubbio era il partito più forte, e poi come erede del vecchio movimento bolivariano, è la filizione diretta di Chávez. E' nato nel 1997, prima delle elezioni.
3) Riguardo alla discussione, hai ragione...sono convinto che si discute la Costituzione, ma nelle sue parti essenziali i militanti vogliono difenderla, dico così perché la costruzione del consenso implica che i militanti "d'avanguardia" (cioè quelli che hanno più strumenti intellettuali e retorici) la difendano dagli attacchi e la trasmettano alle masse (anche ascoltandone i dubbi o le proposte, perché no).

Militarizzare le masse?L'equivoco socialista

9 dicembre. Sarà probabilmente questa la data del referendum/plebiscito con cui le masse mobilitate approveranno la nuova riforma costituzionale, e vireranno decisamente verso il socialismo “del petrolio”. Un socialismo in cui il problema principale è ridistribuire le ricchezze dell’oro nero, non produrre. L’opposizione, anche questa volta spinta dagli editoriali di Teodoro Petkoff, rigetta la riforma in blocco, concentrandosi soprattutto sull’articolo che permette la rielezione continua del presidente, unico caso in America Latina. Il resto della riforma è secondario, in realtà non preoccupa né il militarismo né il socialismo, ma la perpetuazione del potere.

Il socialismo doveva radicalizzarsi, a prometterlo fu Chávez il 3 dicembre, pochi minuti dopo la vittoria elettorale. Molti settori dell’opposizione non ci credono, più che l’indottrinamento di stato, preoccupa l’inflazione, che è ancora troppo alta, la svalutazione della moneta, le difficoltà ad importare, per il controllo cambiario. Preoccupa anche l’insicurezza, che rende il Venezuela uno dei paesi più pericolosi in America Latina.

In realtà c’è un difetto di fondo nell’analisi sul socialismo, lo si considera come prassi dell’impoverimento, lo si confonde con la critica alla società dei consumi (cioè al consumismo). Se poi la critica alla società dei consumi sia stata fatta propria dalle filiazioni comuniste nei paesi occidentali, è dopo aver perso negli anni ’70 la sfida con il capitalismo, molto più capace, dopo gli anni ’60, di ristrutturare la propria economia sulle esigenze di un mercato diversificato. Lo statalismo economico ha retto finché c’era da sviluppare le imprese strategiche (energie, infrastrutture), o di fornire beni primari a tutti: era capace di sfruttare le economie di scala tanto quanto i paesi capitalisti. Ma dopo aver fornito una maglia e una giacca a tutti che fare? La spinta propulsiva economica capitalista ha portato all’ estrema diversificazione del prodotto (e del servizio). La centralità dal produttore si sposta al consumatore, va sedotto e coccolato sempre di più. Lì il socialismo reale fallisce, perché incapace di inserirsi nel meccanismo prodotto/pubblicità/desiderio. Ma quel meccanismo è necessario affinchè chi avesse una maglietta ne desiderasse un’altra diversa, e chi producesse magliette continuasse a venderle, un’ottica che l’impresa di stato non poteva né sapeva includere. I paesi socialisti si sono bloccati dopo aver fornito un minimo a tutti, quelli capitalisti no.

In realtà il socialismo delle origini non ha mai pensato di sedurre le masse promettendo meno consumi, anzi. Da lì la sua pericolosità per le democrazie liberali non democratiche, se poi le masse si sono spesso impoverite è per il fallimento del socialismo stesso che non aveva saputo reagire ai cambiamenti del mercato. Ecco perché di per sé “il lusso” (come sintomo dell’aumentata capacità del consumatore) non è in contraddizione con il socialismo ma con la religione cattolica, di per sé votata all’austerità.

LUCIANO PAVAROTTI (1935-2007)

Tre volte in Venezuela. L’ultima il 2 marzo 2005. La penultima nel 1998, a Valencia. Tre anni fa anche a Caracas parlò del suo ritiro dal palcoscenico, avrebbe voluto continuare a dare tanto, ma in modo diverso. A farlo atterrare in Venezuela fu Puma Tv, televisione di Wilmer Ruperti, magnate chavista delle navi. Il suo arrivò fu un segnale per i venezuelani: per chi non l’avesse capito, il potere stava cambiando mani. Ci lascia un grande tenore.

Giuseppe Cacciatore parla del affaire Venezuela

Pubblichiamo un commento che ci ha inviato il professore Giuseppe Cacciatore, filosofo salernitano, apparso già su Liberazione. Pochi giorni fa Cacciatore era stato attaccato a sinistra per alcune sue dichiarazioni troppo poco "chaviste". Meglio così, ingenuo sarebbe stato abbandonarsi a facili entusiasmi.

Ciò che più stupisce nella fioritura estiva di articoli su Chávez nella cosiddetta stampa italiana d'informazione è proprio la disinvolta mancanza di informazione e di obiettività nei commenti e nelle analisi. Grossolane falsificazioni si alternano a visioni apocalittiche della realtà politico-istituzionale del Venezuela, per non parlare dei "servizi" sulle stravaganze del Presidente. Un classico esempio è fornito, purtroppo, dal "Corriere della Sera", il quale dedica articoli durissimi al pericolo della nuova dittatura rossa. Ci si aspetterebbe però che la perentorietà dei giudizi venga suffragata da dati di fatto e da fonti accertabili. Nulla di tutto questo! Si pubblica invece una pagina intera che racconta – sullo stile dei due maggiori quotidiani del Venezuela, "El Universal" e "El Nacional", che continuano indisturbati a gettare valanghe di contumelie sul "loco" che governa il paese – di alcune "stranezze" del Presidente: la proposta di allungare di trenta minuti l'ora solare, di cambiare la posizione del cavallo sulla bandiera nazionale, di imporre il saluto rivoluzionario ai militari. Al lettore italiano si fa credere:

a) che della Costituzione venezuelana (da lui stesso proposta e fortemente voluta) Chávez sta facendo strame introducendo modifiche totalitarie;

b) che per effetto di queste modifiche si è abolita la proprietà privata;

c) che ormai non esiste più la libertà di dissenso e di stampa;

d) che le risorse petrolifere del paese servono solo ad alimentare una politica populista.

Su quest'ultimo punto, tra l'altro, nessuno si è presa la briga di dire che una consistente parte dei proventi petroliferi, invece di prendere il volo verso le banche estere dei corrotti politici dell'era pre-Chávez (compreso Pérez all'epoca vice presidente dell'Internazionale socialista), sono stati investiti nei programmi di politica sociale, nella sanità, nell'educazione, nella costruzione di centinaia di centri polifunzionali di quartiere (parlo dei ranchitos e non dei quartieri ricchi) dove sono stati costruiti ambulatori e cliniche, campi sportivi, mercati popolari a prezzi controllati, cooperative di lavoro, asili.

Insomma tutto ciò che il benefico spirito liberale capitalistico che ha governato quel paese fino alla fine degli anni 90 non ha mai concesso. Ma la cosa veramente grave è che queste falsità vengono ripetute da un sottosegretario agli esteri, Vernetti, che parla anche lui di ormai instaurata dittatura e di lesione di diritti democratici fondamentali. Ci sarebbe da chiedersi di quali fonti disponga il rappresentante del governo che esprime giudizi così insultanti e avventati, al limite della rottura diplomatica.

Dunque, è bene che si chiariscano e si precisino, nei limiti di un articolo di giornale, alcuni dati di fatto. Il nostro paese (anche a prezzo di vite umane) sostiene governi di precaria stabilità democratica con l'argomento che libere elezioni li hanno legittimati, vedi Iraq e Afghanistan. Lo stesso non vale per un governo e un presidente che dal 1999 ha vinto oltre 10 tornate elettorali tutte avallate dalla presenza di osservatori internazionali e tutte dichiarate pienamente legittime dall'UE e dalla Organizzazione dei paesi americani. L'argomento forte usato adesso è che Chávez vuole stravolgere la Costituzione. Vediamo, allora, nel dettaglio i passaggi fondamentali delle modifiche proposte (che riguardano 33 articoli su 350): abolizione del limite di una sola rielezione per il presidente; procedure e forme di decentramento dei poteri dello Stato attraverso strutture di democrazia partecipativa che hanno al centro le municipalità alle quali – ma di questo nessuno parla in Italia – la riforma costituzionale prevede di affidare il controllo e la gestione delle risorse pubbliche, dell'acqua, del gas, dell'energia, delle risorse ambientali e turistiche del territorio. Nelle proposte di riforma invano si cercherà quello che i giornali "indipendenti" italiani hanno disinvoltamente scritto: cioè abolizione della proprietà privata. Essa, anzi, viene garantita e sancita da quelle norme della Costituzione del 2000 che restano immodificate, ad esse si aggiungono articoli che prevedono forme di proprietà cooperativa e comunale (secondo, anche, la vecchia tradizione delle comunità indie e contadine defraudate e sopraffatte nei secoli dalla civiltà liberale occidentale). E che cosa c'è di comunista, rivoluzionario e dittatoriale nella norma, che ora si propone di introdurre nel testo costituzionale, dell'orario di lavoro a 36 ore? Cioè di qualcosa che il mondo occidentale ha da tempo previsto e normato?

Ma veniamo al punto cruciale: il socialismo del XXI secolo di cui tanto parla Chávez è veramente configurabile come antidemocratico e totalitario? E si può definir tale, quando è prevista una procedura di revisione costituzionale che impone ben tre voti del parlamento e un referendum confermativo finale? E in quale altra Costituzione del mondo è prevista la possibilità che a metà mandato si possa chiedere un referendum di revoca del Presidente e di tutte le cariche elettive? (cosa peraltro già avvenuta con elezioni vinte da Chávez ed anch'esse considerate legittime e corrette da tutti gli osservatori internazionalie persino dal candidato sconfitto). Se questa norma fosse stata in vigore negli Usa, ora Bush se starebbe tranquillamente a casa. Che si possano avanzare perplessità sull'abolizione del limite dei mandati è più che legittimo ed io sono tra coloro che le manifestano. Ma se tutto verrà confermato da un voto popolare, bisognerà, come per altri casi analoghi si è fatto, rispettare la volontà democraticamente espressa. O si farà un'eccezione per quello che già viene definito capofila degli "Stati Canaglia"?

Se, in conclusione, le analisi di pubblicisti e politici italiani fossero maggiormente improntate alla serietà e all'obiettività si potrebbe, io credo, discutere e approfondire – anche senza tacere di dubbi e di possibili critiche - un originale caso, che non ha precedenti nel continente latinoamericano, di socialdemocrazia radicale. Il problema, cioè, non è la rivoluzione marxista che non è all’ordine del giorno, né l’espropriazione della proprietà privata, ma più semplicemente l’originale tentativo, per quanto ancora incerto e non sempre ancora chiaro in alcuni suoi aspetti, di ridare una reale funzione e un reale potere ad una forma di democrazia dei diritti sociali e politici del popolo venezuelano.

Matthew Shortt libero

L’incubo è terminato alle tre e mezzo del pomeriggio. Lunedì, il giovane Matthew Shortt, diciotto anni, è stato liberato dai suoi rapitori davanti al consolato colombiano di Maracaibo, in Avenida Milagro. A pochi passi da casa sua, è corso immediatamente a riabbracciare la famiglia, la madre Carolina de Panfilis, apprezzata artista di Maracaibo, italiana. E’ rimasto 48 giorni nelle mani dei rapitori, quasi sempre seduto. I genitori sono rimasti attaccati al telefono in attesa di informazioni, ne sono arrivate davvero poche, centellinate come è uso tra sequestratori professionisti.

Per la modalità pacifica del rilascio, sembra sia stato pagato un riscatto. Il giovane Matthew è una delle tante vittime di sequestri che sono in aumento verso le zone di frontiera, soprattutto nello stato Zulia e nel Tachira, mentre a Caracas continuano a imperversare i Secuestros Express, durano poche ore ma spesso possono raggiungere alti livelli di violenza, visto che vengono messi in atto da delinquenti improvvisati.
Secondo la rivista Climax, quest’anno il Venezuela potrebbe superare la Colombia per numero di sequestri compiuti, questo se il trend dei primi mesi dovesse confermarsi. Oramai sono stati superate le 150 vittime, un numero che si raggiunge se si incrociano i dati di Fedenaga (federazione dei ganaderos) con quelli della polizia.
Il Venezuela quest’anno potrebbe arrivare a trecento delitti denunciati, contro i duecento in Colombia, ma va ricordato che per ogni caso che viene alla luce almeno un altro caso viene occultato. Molti familiari preferiscono contrattare, è sbagliato: le organizzazioni criminali si rafforzano, si nutrono della paura della gente, ci campano sopra. In Italia i sequestri a scopo d’estorsione, erano legati all’organizzazione sarda dell’Anonima Sequestri. Nel 1966 ci fui il boom, erano così organizzati da permettersi di rapire nel 1979 il noto cantautore Fabrizio de Andrè, autore della Guerra di Piero. L’Anonima sembrava invincibile, eppure fu vinta: ci volle però volontà politica e anche molta severità, tra gli strumenti legislativi ve ne fu uno molto discusso: “il blocco dei beni del familiari della vittima”. Ero una strumento che impediva ai familiari, spesso giustamente disperati, di pagare il riscatto. Il blocco in un primo momento veniva considerato uno strumento inumano, un’invasione dello Stato nella sfera di libertà del singolo, ma si rivelò l’arma fondamentale per estirpare alla radice il problema. Anche in Venezuela la nuova legge contro i sequestri dovrebbe prevedere questa misura, ma è momentaneamente impantanata in parlamento. Ricordiamo che l’unità di Crisi della Farnesina ha inviato in Venezuela un esperto antisequestri permanente, è un caso unico al mondo nelle rappresentanze diplomatiche italiane. Si trova qui da 4 anni, anche se mantiene un basso profilo visto il compito delicato che gli spetta.
La funzione è duplice 1)di prevenzione, è stato pubblicato anche un cd e un manuale, 2) di fare da raccordo tra i familiari e la polizia locale. Non ha però nessun potere investigativo, è bene non dimenticarlo: in Venezuela ci sono corpi di polizia dedicati alla lotta a questo tipo di criminalità. Bisogna averne fiducia.
Solitamente i sequestratori si rivolgono a persone con redditi alti, ma spesso non compiono uno studio specifico sulla vittima, si lasciano guidare dalle apparenze. Tutti sono potenzialmente a rischio, in qualsiasi parte del paese. Per prevenire allora è meglio non ostentare troppo, e cercare di seguire piccoli consigli tipo cambiare percorso spesso, oppure montare un sistema Gps sull’automobile (la spesa è minima), ma soprattutto stare uniti. Gli italiani in Venezuela lo stanno facendo, a fine maggio è nato il Fivavis, l’associazione che riunisce le vittime dei sequestri. L’obiettivo è essere vigili, esser presenti, trasmettere la propria esperienza. Il problema può essere risolto anche in Venezuela, così come si sono fatti passi avanti in Colombia, è importante però non sottovalutarlo. Chi poi viene liberato dovrà superare il trauma, per evitare di conviverci per sempre. Un mese in prigione, spesso in una semplice tenda, dormendo su una tavola di legno, è un’esperienza purtroppo indimenticabile. La paura, proprio e soprattutto dei familiari, marchiano a vita. L’associazione Fivavis ha però anche questo compito, una sorta di terapia di gruppo che serve a trasformare la paura in forza, in spinta propulsiva affinché nessuno soffra ancora

Perché tanta sporcizia?

Perché gettare le bottiglie sulla spiaggia? Ci sono poche cose che riescono a squalificare davvero, una di queste è mancanza di rispetto verso gli spazi pubblici, aggravato se ti trovi in un paradiso tropicale. I cayos di Morrocoy sono l’ideale di vacanza ai tropici, isolette bianchissime, acqua cristallina e palme in riva al mare. A buon mercato, sono meta del turismo locale popolare, un vero paradiso che giustamente è stato dichiarato parco nazionale, verso cui bisognerebbe prestare attenzione. Nulla. Lo spettacolo è indecente, mortifica (e lo dico con dispiacere): su questo malcostume la rivoluzione non ha inciso, c’è un atteggiamento troppo permissivista che declina la libertà in forme a volte perverse, non si possono assecondare gli istinti negativi.
In Venezuela tutti bevono birra sulla spiaggia, fin qui nulla di male, ma le bottiglie vengono lasciate dove capita, assieme a carte, e avanzi qualsiasi, tutto è di grottesca normalità. Siamo a Morrocoy, una località turistica paragonabile a un Capri e Positano dei Caraibi. Tra l’altro su queste isole manca qualsiasi autorità che potrebbe far rispettare le regole, ma possono bastare solo i cartelli?

Carlos Ortega, libero in Perù

Carlos Ortega ha ricevuto l’asilo politico in Perù. E’ l’unico condannato per il colpo di stato dell’11 aprile 2002 contro Chávez. A capo allora della Ctv (sindacato nazionale) ha chiamato in piazza alla ribellione civile contro Chávez, che si è conclusa con la sua deposizione.

Ortega entrò in clandestinità a marzo del 2003, ottenne asilo politico in Costa Rica, ma fu espuslo perché violò le regole. Tornò clandestinamente a Caracas, qui fu arrestato il 28 febbraio 2005, si trovava in un bingo di Caracas. Il 14 dicembre venne condannato a 16 anni di prigione. Il 13 agosto 2006 evase dal carcere

. Ora è in Perù dove il governo gli ha concesso l’asilo. Da parte venezuelana non c’è alcuna polemica, la decisione peruviana è considerata legittima secondo il diritto internazionale, anche se quel titolo di “perseguitato politico” lascia un po' l'amaro in bocca. L’atteggiamento di Chávez verso i golpisti è stato molto permissivo, probabilmente perché da militare ha condotto nel ’92 un colpo di stato militare, e due anni dopo, nel 1994, fu graziato.