sabato 7 luglio 2007

Alberto Muller Rojas (socialista ma non più chavista), un tempo capo dello Stato maggiore presidenziale e ora membro (senza aver lasciato la divisa) della commissione per la promozione del Psuv, partito socialista unito, il 30 giugno dimentica una delle regole prime per un buon bolivariano: “Non contraddire Chàvez”, e in una intervista sbotta. Alla domanda se la sua nomina all’interno della commisione per la promozione del nuovo partito socialista unito confermi la confusione tra militari e politica, risponde: “Certo, ci sono altri indicatori”. Quali? “La presenza di militari uniformati in atti politici, c’è la politicizzazione delle forze armate, con l’adozione da parte dell’esercito del grido “patria, socialismo o morte”.
Dall’Iran il presidente risponde piccato: “Ma cosa succede? Che dichiarazioni strane! E’ una menzogna che l’esercito sia polticizzato. Il generale Muller dice le stesse cose dell’avversario, io sono il primo a non volere che la Forza Armata sia di parte di un partito”. Chi ha ragione dei due? Chàvez è ferito dalle dichiarazioni di un sincero socialista, quella di Muller Rojas non è però un’uscita contro il presidente (nell’intervista il generale parla della politicizzazione in termini positivi, lui ne è un esempio lampante: militare in carica e membro di un partito). Le sue, lo si capisce scorrendo l’intervista, sono parole contro Ameliach e l’ex-ministro delle difesa Orlando Maniglia (di origini napoletane) che vogliono far passare l’idea nordamericana di un esercito di professionisti e non del popolo (quindi poco socialista per un compagno come Muller), probabilmente per aumentare la obbedienza della divisa nei confronti del potere politico e scongiurare colpi di stato. Chàvez su questo punto è incerto: sa che le Forze Armate sono difficili da controllare: per quanto si illuda di convincerle con gli slogan socialisti, sono poco socialiste. Fino ad ora la convivenza è stata pragmatica, il governo ha chiuso un occhio rispetto agli atti di corruzione dei militari, innegabili, ma sospetta sempre manovre oscure all’interno? Non dimentichiamoci che Chàvez nasce come cospiratore militare, quello del “cuartel” è un mondo che conosce bene, è abituato a diffidare.
Da un lato vuole un esercito popolare, autenticamente socialista e capace di difendere la rivoluzione alla cubana, dall’altro sa che questo potrebbe essere un rischio per la propria leadership (creerebbe un corpo troppo forte, di peso politico e armato), mentre la professionalizzazione gli farebbe dormire sonni tranquilli: smusserebbe gli aneliti di comando sostituendo ad appassionati semplici burocrati.
Intanto il ministro Baduel è stato sostituito, ha dimostrato poco polso dinanzi alle difficoltà di questi giorni. Al suo posto arriva Gustavo Rangel Briceño. E’ il nono ministro della difesa, un sintomo preciso della diffidenza di Hugo Boss. Gli altri sono stati Raúl Salazar (febbraio 1999-febbraio 2000), Ismael Hurtado (febbraio 2000-febbraio 2001), José Vicente Rangel (febbraio 2001-aprile 2002), Lucas Rincón (aprile 2002-luglio 2002), José Luis Prieto (luglio 2002-gennaro 2004), Jorge Luis García Carneiro (gennaro 2004-luglio 2005), Orlando Maniglia (luglio 2005-luglio 2006) y Raúl Isaías Baduel (luglio 2006-lugio 2007).

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