lunedì 9 luglio 2007

E’ l’8 giugno, mia madre è su un autobús che da Puerto la Cruz va a Caracas, lì lei vive. Alle 4 del pomeriggio, vicino alla fermata de “ElGuapo” inizia a vomitare sangue, sviene, passa la polizia e la porta in un ambulatorio, quello de “El Guapo”. Qui la mettono in terapia intensiva. Avviasano i miei familiari, arriva mio fratello. El Guapo è a due ore e mezza da Caracas.
Da lì lei non si può muovere perchè le condizioni sono gravi. E’ un’emorragia cerebrale. Mio fratello e sua moglie vanno a dormire in una posada vicino. Senza acqua e con un bagno in comune per tutti gli ospiti. I giorni successivi preferiscono dormire in macchina. Al quarto giorno i medici decidono di inviarla a Carcas in ambulanza per farle una tomografia in ospedale. La portano, le fanno la tomografia e la riportano indietro. Non c’è un letto libero in nessun ospedale di Caracas. Mia madre sta male, le sue condizioni sono gravi e nel Guapo non c’è nessun medico specializzato che possa aiutarla. Dopo 11 giorni io arrivo dall’Italia, vedo mia madre: è in una condizione davvero triste, la struttura sanitaria piena di mosche, con bacinelle per raccogliere le infiltrazioni, le gocce d’acqua. Alla fine contatto un’amica e riesco a trovare un posto a Caracas. Mi assumo tutte le responsabilità del trasferimento, tanto dal quarto giorno non aveva neanche i tubi per la respirazione. Arrivo all’Ospedale “Vargas”, e dopo due ore di viaggio in un’ambulanza caldissima la portiamo nel settore emergenza. Il medico mi chiede un’altra tomografia. Io prima di arrivare in ospedale ho cercato di farla Avevo prenotato in una struttura privata chiamata “Hospital de Clinicas Caracas”, qui non trovano la prenotazione, né c’è personale per farla, inoltre, dopo un viaggio difficile, nonostante le condizioni di salute, bisognava aspettare comunque trenta minuti: il tempo necessario affinché io pagassi un milione di bolivares, il prezzo della tomografia.
Il giorno seguente i Pompieri di Caracas ci promettono un’ambulanza per fare finalmente la. L’ambulanza non arriva, chiamo trenta volte, alla fine mi decido per un’ambulanza privata. Riesco a trasportarla, ma devo pagare 350 mila bolivares all’andata, più il ritorno, più il costo della tomografia. Una volta rientrato in Ospedale i medici mi chiedono di fare un altro esame, l’Angiotac. Devo chiamare un’altra ambulanza, rifare un’altra volta tutta la trafila. Ovviamente è a pagamento. Al ritorno i medici mi dicono che l’esame non si vede bene perchè è di cattiva qualità, devo ripetere l’esame. Questa volta però durante il viaggio mia madre ha un’altra emorragia.
Torniamo al settore d’emergenza del Vargas: è in condizioni pessime, sporco e con personale scortese. un giorno un medico e un familiare iniziano a picchiarsi, senza rispetto per gli altri malati. Dall’Emergenza la spostano in Neurochirurgia, qui lo spazio è davvero poco, per i pazienti ci sono i cubicoli, per i familiari il pavimento La seconda volta le ripetiamo la Angiotac in un’altra clinica e i dottori ripetono la stessa cosa: non è di buona qualità, decidono allora di farle una risonanza magnetica e quando torno neanche questa è di buona qualità. Che inferno.
Il cinque luglio i medici, poi, invece di fare le visite di rito ai pazienti stanno a casa, bisogna così aspettare il giovedì successivo.
L’8 luglio mia madre compie un mese dal giorno dell’emorragia cerebrale, non sappiamo nulla di concreto, un aneurisma? Un tumore che sanguina, o forse un’ematoma? Tante diagnosi differenti. Chi può davvero aiutare mia madre, dobbiamo aspettare che muoia per avere un risultato? Dov’è la sanità nel mio paese. L’ospedale Vargas è orribile, spazzatura all’entrata, cattivo odore, persone nelle corsie con ferite gravi.
Le medicine non ci sono, bisogna uscire e comprarle. Chi può davvero aiutare mia madre? L’unica cosa che vorrei con questa lettera è ottenere un medico specialista che possa occuparsi di lei, che l’aiuti davvero. Siamo gente umile, non ricchi. Il fatto che io stia vivendo in Italia non vuol dire che sono ricca, come pensano in Venezuela. Mio marito ha uno stipendio minimo e un contratto a termine, e il costo della vita in Italia è molto alto. Io lavoro occupandomi dei bambini, visto che qui in Sardegna non riesco a trovare un posto fisso.
Qualcuno può aiutarmi, non voglio denaro, solo medici che possano curare mia madre senza essere al di là del denaro, ma animati dalla voglia di compiere un gesto umano per un altro essere umano.
Grazie
Angelica Vargas

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