giovedì 12 luglio 2007

CARACAS – Il “seguro sanitario” per gli italiani in Venezuela procede spedito. Non solo per quelli indigenti, per i quali le polizze sono in fase di stipulazione; ma per tutti, anche per coloro che non hanno passaporto italiano ma sono comunque “di origine italiana”. A qualunque connazionale viene infatti fornita la possibilità di stipulare – a proprie spese – un’assicurazione sanitaria alle stesse condizioni di quelle che il consolato fornisce agli indigenti, polizze che vantano caratteristiche che raramente vengono concesse quali l’accettazione di malattie pregresse, il pagamento dei farmaci, l’inesistenza dei limiti di età per gli assicurati. A fornire il quadro di cui sopra è il console generale d’Italia in Venezuela, Stefano Pontesilli. Le procedure per la stipula delle 1.000 polizze sanitarie gratuite, riferisce il console, sono state ultimate; queste polizze, emesse dalla ditta Rescarven e pagate dal consolato, beneficiano una platea di connazionali la cui condizione di indigenza o era già nota al consolato, o è stata segnalata da soggetti terzi (Cgie, Comites, Associazioni italiane in Venezuela, Case d’Italia, Centri Italiani ed enti italiani) e verificata dal consolato. Alla fine, la lista dei nomi è risultata non superiore alle polizze disponibili, cioé inferiore a mille. In realtà, spiega Pontesilli, i connazionali che avrebbero diritto alla polizza sono almeno il doppio, solo che molti sono restii a farsi aiutare, soprattutto per pudore, perché non vogliono segnalare il loro stato di povertà. Si è constatato poi che a non tutti i nominativi segnalati è stato possibile assegnare una polizza, o perché la persona indicata ha cambiato domicilio e non è stata ancora rintracciata, o perché è tornata in Italia. C’è dunque un aggiornamento continuo della lista dei beneficiari, tra nuove segnalazioni e nominativi che vengono ritirati. In ogni caso, sottolinea il console, la quantità di mille polizze, per quest’anno, si è rivelata adeguata; anzi, “c’è ancora spazio per ricevere segnalazioni”. In generale, rimarca il console, i requisiti per godere del seguro sanitario pagato dal consolato sono due: essere cittadini italiani, ed essere indigenti. Per valutare lo stato di necessità e di indigenza, il consolato tiene conto dei seguenti parametri: 1) età; 2) essere o meno inseriti nella polizza assicurativa di un familiare; 3) essere titolari di una pensione in Venezuela, e allora si valuta l’entità della pensione; o essere titolari di una pensione in Italia, e allora il seguro non si concede; 4) eventuale convivenza con familiari; 5) reddito dei familiari; 6) possesso di un’abitazione, in Venezuela o in Italia; 7) attività economica in atto o passata, e reddito derivante. Al di là di questi accertamenti, il consolato – sottolinea Pontesilli – si basa sulla conoscenza diretta delle persone da beneficiare. I nominativi scelti dal consolato sono quelli di persone cui il consolato già fornisce una qualche assistenza, proprio per il loro stato di povertà; gli altri nominativi vengono dal filtro preventivo di Cgie, Comites e compagnia, tutti soggetti già sensibilizzati sull’importanza di scegliere solo le persone adatte. La novità di questi giorni, in merito al seguro sanitario, è che “la stessa polizza assicurativa che il consolato pagherà per mille indigenti – anticipa il console – è disponibile anche per gli italiani o i cittadini di origine italiana non indigenti che volessero concluderla privatamente con Rescarven”. Il fatto di essere “di origine italiana” si presta all’interpretazione di chi eroga la polizza: “Ci siamo raccomandati con Rescarven affinché su questo punto sia sufficientemente elastica”, in particolare affinché accetti di assicurare anche coniugi e figli di italiani o ex cittadini italiani.Cittadinanza e solidarietà
“Si profilano tempi cupi per il consolato”. La preoccupazione del console Pontesilli in realtà annuncia due novità più che benvenute dagli italiani all’estero: la riapertura dei termini per chiedere la cittadinanza, che dovrebbe partire all’inizio del 2008, e l’introduzione dell’assegno di solidarietà, sui cui tempi è più difficile fare previsioni. “Il fatto è che una riapertura per la cittadinanza già ci fu tra il 1990 e il 1992. Arrivarono tante di quelle domande che in Venezuela ci vollero dieci anni per soddisfarle tutte, mentre in Argentina e Brasile le richieste devono ancora essere smaltite. Prevediamo che, qui in Venezuela, arriverebbero 150 mila nuove domande di cittadinanza”. Serve qualche impiegato in più? “Qualche? Servirebbe una task-force di dieci impiegati che si dedica esclusivamente a quello. Però devo dire – aggiunge – che il viceministro Danieli è cosciente del problema, e ha annunciato l’assunzione di 200 persone da distribuire nei consolati di tutto il mondo proprio per far fronte a questi nuovi carichi di lavoro”. Tra i quali anche la gestione dell’assegno di solidarietà. Pontesilli calcola che, in Venezuela, esistano “almeno duemila persone” che vivono in condizioni gravemente disagiate, per le quali un aiuto del genere costituirebbe “la differenza tra la vita e la morte”. E se queste persone possono andare avanti, è perché già il consolato se ne fa carico: “Per assistere i connazionali in difficoltà – rivela Pontesilli – il consolato spende quasi 600 mila euro all’anno. In genere diamo un assegno direttamente a chi ne ha bisogno, in altri casi giriamo l’assegno ad associazioni che si fanno carico dell’assistenza di queste persone, ad esempio Villa Pompei o il Comitas. L’introduzione dell’assegno di solidarietà sarebbe senz’altro un progresso. Finora l’assistenza è lasciata a iniziative disorganiche, che variano dal dare un assegno al pagare un ricovero o altro. L’assegno di solidarietà razionalizzerebbe tutto questo, ma c’è di più. Gli aiuti che forniamo agli indigenti, in quanto concessione di un singolo funzionario, possono essere visti come una forma d’elemosina, il che comporta che ci sono molti connazionali che, pur in condizioni disperate, hanno vergogna a chiedere aiuto. L’assegno di solidarietà tramuterebbe questi interventi di sostegno in un diritto riconosciuto dallo Stato italiano”.

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