martedì 24 luglio 2007

CHAVEZ NOSTRO CHE SEI NEI CIELI

Dopo la chiusura (o “non rinnovazione della concessione radioelettrica” come insistono dal governo) di Rctv, il prossimo passo critico della rivoluzione venezuelana è la riforma costituzionale che includerà la rielezione indefinita per il presidente. La scelta è sospetta, anche gli osservatori filochavisti hanno difficoltà a giustificarla come scelta “democratica” in un continente che guarda con molta diffidenza alla rielezione indefinita: il caudillo è sempre dietro l’angolo.
Il Venezuela ha una struttura istituzionale presidenziale, il presidente risponde al popolo, non al parlamento, e concentra poteri senza molti contrappesi. La Costituzione voluta da Chàvez nel 1998 riconosceva questa concentrazione di potere, superava così il rischio della perpetuazione attraverso la previsione del limite di due mandati consecutivi di 6 anni. Anche troppo per un paese che nella Costituzione precedente, del 1961, aveva vietato qualsiasi rielezione consecutiva cosciente del significato rivelatorio della storia: bisognava creare una democrazia in un paese in cui un tiranno, Gomez, aveva governato 35 anni e un altro, Perez Jimenez, era stato abbattuto da una insurrezione popolare dopo 10 anni. Un paese in cui la democrazia era in fasce.
La proposta costituzionale appare ancora più originale perché la rielezione è prevista solamente per il Presidente della Repubblica, non per governatori o sindaci. Un provvedimento ad hoc che serve a perpetuare Chàvez al potere.
La maggioranza di governo, dopo il caos mediatico dovuto a Rctv, si aspetta una crisi mediatica della stessa o di maggiore intensità. A riequilibrare le cose ci pensano i mass media comunitari che tentano di far passare la rielezione come una richiesta diretta dei poveri. Sfogliamo il settimanale comunitario “Por Ahora”. In un’inchiesta che si presume obiettiva tutti gli intervistati sono a favore della nuova scelta costituzionale, nessuna voce dissenziente. Eligio Palacios, consigliere comunale, dice: “Ci serve per garantire la continuità rivoluzionaria, per promuovere il socialismo”. Maria Alvarracin, commerciante, è ancora più sentimentale: “Sono d’accordo, perché il presidente comandante Hugo Chàvez è con i poveri e vogliamo che il popolo stesso lo scelga”. La deputada Camila Ramires: “Sì, è necessaria la sua continuità al potere per creare la Missione Cristo, come dice la Bibbia: aiutarci l’un l’altro”. Per Tirzo Zandoval, dirigente politico, “la rielzione è vera democrazia”, mentre per Ivan Macgregor, altro dirigente politico, “è il popolo che sceglie”, Juan Lemus, leader comunitario, sintetizza per tutti: “Se il presidente fa le cose bene bisogna dargli opportunità”.
Il popolo, la gente umile è con lui, è vero. Sono con lui molto di più ora per la rielezione continua di quanto lo fossero per Rctv, a cui erano in qualche modo legati. Non è difficile comprendere la motivazione: la ratio, il senso storico di un meccanismo costituzionale che impedisce al presidente di essere rieletto non è di immediata intuizione, è frutto del processo storico latinoamericano e internazionale. Lo può capire la classe dirigente, il professionista della politica, meno palese è per il popolo a cui i problemi materiali interessano prima e sopra tutto.
In Bolivia (dove anche Morales vorrebbe imitare Chávez) come in Ecuador, Cile, Uruguay, Panamá, Nicaragua e Costa Rica, il presidente può essere rieletto solo dopo un mandato di pausa. In Venezuela (per adesso) come in Brasile, Colombia, Stati Unti, Repubblica Domenicana e Argentina possono governare per due mandati di seguito. In Messico, Paraguay, Honduras e Guatemala non si permette alcuna rielezione.

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