domenica 15 luglio 2007

Mentre in Venezuela si conclude la Coppa America, in Brasile iniziano i giochi panamericani. Per Lula, il presidente dei poveri del nord-est, fischi all’inaugurazione. “Ho il sospetto- commenta il giornalista del Corsera, Rocco Cotroneo, sul suo blog- che la breccia tra chi ama e chi detesta l'ex operaio si stia allargando”. Rio de Janeiro è una città stanca, umiliata dalla violenza e incatenata a un Pil regionale che ha pochi spunti per crescere. Nell’inaugurazione c’è una’assenza che pesa, quella di Hugo Boss. Il giornale argentino Clarìn si interroga. Tutti lo aspettavano, lui non arriva.
Niente Rio per Chàvez, niente finale di Coppa America a Maracaibo per Lula. Non sono mai apparsi tanto lontani i due leader regionali, uno alla guida del paese più ricco, esteso, popoloso e contraddittorio dell’America Latina, l’altro a capo dell’unica vera potenza energetica del Sud America, in un momento in cui molte città si scoprono fragili sull’energia (come Buenos Aires).
Il viaggio di Bush in America Latina ha colpito non tanto per le parole del presidente americano (scontato parlare di povertà) , ma perché è riuscito a coinvolgere Lula nella rivoluzione dell’etanolo (l’energia prodotta con l'agricoltura primaria) proprio mentre l’asso Castro-Chàvez metteva in guardia sugli effetti nefasti: la tortilla messicana ha triplicato i suoi prezzi, il cibo deve andare al popolo non alle fabbriche. Lula aveva altra scelta? E’ sotto pressione: il suo paese non cresce come dovrebbe, il nord-est va sussidiato, le megalopoli sono sempre sull’orlo del collasso, il suo appoggio parlamentare è fragilissimo (da cui lo scandalio dei parlametari comprati), e intanto tutti premono, indicano il Brasile come player del futuro, dietro India, Cina e Russia.
La foto di Lula e Bush abbracciati, sorridenti, in linea sulla rivoluzione energetica non è piaciuta a Chávez, dall’Argentina davanti a 40 mila persone lanciava anatemi contro “el diablo” che si trovava contemporaneamente Uruguay. "Polvere cosmica" lo derideva sottolineando come allo scadere del mandato Bush sarebbe finito nel dimenticatoio mentre lui, Hugo, avrebbe perseverato nella sua lotta: una nuova riforma costituzionale gli permetterà la rielezione indefinita.
La spaccatura tra Chávez e Lula è poi diventata scontro su Rctv. Il senato brasiliano ha chiesto a Chàvez di non ritirare la concessione alla storica televisione di Marcel Granier. Ne è seguito un copione oramai noto: Chàvez offende il senato, incidente diplomatico. L’Hugo di “patria, socialismo o morte” (oramai Caracas è invasa da questo slogan) ha poi alzato il tiro, ha minacciato di uscire dal Mercosur, prima ancora di entrare, lanciando un ultimatum al legislatore brasiliano e paraguayano: ratificatemi entro settembre o me ne vado! Ad entrambi i paesi l’atteggiamento arrogante non è piaciuto. Forse l'ex tenente colonnello ha deciso davvero di lasciare il Mercato del Sud, tentativo di integrazione serio che impone anche limiti alla sovranità nazionale. Meglio impegnarsi nell’Alba (integrazione solidale bolivariana) dove i membri- Nicaragua, Cuba e Bolivia- sono meno discoli del Brasile.
Il 29 giugno Chàvez non si è presentato alla riunione del Mercosur di Asunciòn: ha preferito andare in Russia e in Iran. “Oramai- sostiene Teodoro Petkoff, direttore del quotidiano Talcual- all’integrazione regionale il presidente sta privilegiando l’agenda internazionale ideologica”. Più Iran e meno Brasile. Più socialismo meno integrazione.

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